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Colazione da re, pranzo da principe, cena da povero.

Il punto di partenza per costruire un’alimentazione adatta alle nostre esigenze è il primo pasto della giornata: la colazione.

E’ abitudine diffusa bere un caffè al volo, al massimo con qualche biscotto, senza neanche sedersi a tavola. Come potremo pretendere ottime prestazioni da una macchina che viaggia in riserva? Partiamo dall’inizio.

 

Al risveglio l’organismo ha accumulato 10-12 ore di digiuno, durante le quali ha continuato a “funzionare”, intaccando parzialmente le scorte di glicogeno, e si appresta ad affrontare una giornata lavorativa o di studio.

L’assetto ormonale del mattino spinge l’organismo ad un maggior consumo energetico, momento in cui vale la pena “approfittare” e mettere dentro un po’ più energia, anche in virtù dell’ottimale rapporto cortisolo/insulina che favorisce l’ossidazione dei grassi.

Una partenza ricca di energia e nutrienti modulerà, attraverso il senso di sazietà, la quantità di alimenti assunti nel resto della giornata, favorendo una miglior regolazione del peso corporeo.

Gli studi, infatti, ci dicono che facendo regolarmente un’adeguata colazione è più facile mantenere un peso sano ed ottenere dei benefici sul profilo lipidico e sulla sensibilità insulinica.

 

“Abbondante colazione” non significa però rimpinzarsi di biscotti: una colazione zuccherina infatti (succhi di frutta, biscotti, marmellate, nutella, nesquik, brioche, ecc… ) esaurisce rapidamente il suo effetto saziante per il rapido susseguirsi di innalzamento e calo della glicemia. La fame tornerà a farsi sentire nel giro di un paio d’ore.

 

È bene, quindi, ridurre la presenza di zuccheri e cereali raffinati, assumendo di regola frutta fresca (idratante e fonte di vitamine), preferendo cereali integrali, abbinando una fonte di proteine e una quota adeguata di grassi “buoni”.

 

Molti lamentano scarso appetito appena alzati, ma è solo questione di abitudine e metodo, provate così:

  1. terminate la giornata con una cena leggera (ad esempio un secondo con verdure): ciò permetterà all’organismo di manifestare più chiaramente il bisogno di nutrirsi al mattino;
  2. alzatevi per tempo, dedicandovi prima a tutte le altre necessità (lavarsi, vestirsi, ecc…) in modo da dare il tempo al corpo di “svegliarsi” e sedetevi a tavola per la colazione, anche l’atmosfera del pasto contribuirà a renderlo più facile;
  3. allenatevi gradualmente ad una colazione sempre più abbondante, che preveda differenti gruppi alimentari.

 

In linea generale, per rendere la colazione un pasto completo è necessario includere cibi provenienti da diversi gruppi alimentari:

> frutta fresca di stagione; possibilmente locale e mangiata con la buccia se edibile;

> cereali integrali: ottimo il pane di segale, per il suo basso indice glicemico, o fette biscottate integrali (ne esistono di ottime senza zucchero aggiunto, con olio di oliva invece che di semi) oppure fiocchi di avena (mai provato il porridge?);

> una fonte proteica a scelta: latte, yogurt o ricotta, bevanda o yogurt di soia, uovo alla coque, prosciutto DOP, salmone;

> grassi “buoni”: qualche pezzo di frutta secca, un cucchiaino di burro di cocco, qualche fetta di avocado, una spalmata di ghee.

 

Voi che colazione fate?

 

Dott.ssa Eva Da Ros Dietista

 

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Legumi per tutti i gusti (ed età)

E’ la stagione del raccolto per chi ha fatto l’orto, un tripudio di verdure colorate e legumi. Proprio di quest’ultimi vorrei parlarvi oggi. E lasciarvi qualche suggerimento di preparazione.

 

Doveroso iniziare con un semplice elenco dei legumi che possiamo reperire (nell’orto, al mercato del contadino o semplicemente in negozio), cercando di non confonderli con i cereali (capita che qualcuno pensi che l’orzo o il farro siano legumi): #fagioli, #ceci, #lenticchie, #piselli, #fave, #lupini, #cicerchie.

 

Ottimi amici della nostra salute, contengono fibre solubili (quindi utilissimi per il benessere intestinale e per controllare la colesterolemia), sono ricchi di proteine vegetali ed hanno un buon contenuto di ferro e zinco tanto per nominare i principali minerali presenti.

La biodisponibilità dei minerali è aumentata da #ammollo prolungato e #germogliazione, oltre che dall’evitamento di cibi ricchi di ossalati e fitati che ne inibirebbero l’assorbimento intestinale (tè, caffè, cioccolato, vino e alcune verdure).

 

Talvolta per i legumi manca la fantasia in cucina: un buon libro o sito di ricette vi possono venire in soccorso. Provate a fare un semplicissimo e veloce #hummus di ceci, sarà gradito da grandi e piccini. Oppure #polpette di lenticchie, #patè di cannellini, ceci #croccanti al forno…insomma una veloce googlata e non ci sono più scuse.

Si possono usare persino per fare i dolci! Ad esempio la torta di fagioli e cioccolato desta sempre curiosità e stupore, volete provarla? Ecco la ricetta (con tante variabili possibili):

230 g Fagioli lessati (azuki, borlotti)

2 uova

50 g zucchero Mascobado

30 g cacao amaro in polvere

2 cucchiai olio di cocco (ma anche burro o altro olio)

1/2 bustina cremor tartaro (o lievito x dolci)

Frullare tutto e infornare a 180°C x 30 minuti circa (prova stecchino).

 

È giusto sottolineare che i legumi fanno bene anche all’#ambiente: hanno un minor fabbisogno d’acqua rispetto ad altre fonti proteiche e fissano l’azoto nei terreni, migliorandone la fertilità, motivo della rotazione delle colture nei terreni.

In generale, dunque, cercate di consumare i legumi almeno 2 volte alla settimana, sostituendoli alle proteine animali, preferendo quelli freschi, surgelati o secchi.

 

Aspettiamo le foto delle vostre ricette nei commenti qui sotto ⤵

 

Dott.ssa Eva Da Ros Dietista

 

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Lasciate ogni speranza o voi che entrate…nel supermercato

LASCIATE OGNI SPERANZA O VOI CHE ENTRATE…

… nel supermercato, aggiungo io.

A quanti di voi, come a me, è capitato di andarci per prendere “giusto due cose che mi mancano” ed uscire con ben di più del previsto? Eh sì, succede a tutti. Per nostra poca attenzione e per loro somma abilità.

Il supermercato, come tutte le aziende, deve vendere. E per vendere adotta numerose strategie più o meno note, vediamone insieme alcune:

– accoglienza colorata e salutista con frutta e verdura (è raro trovare la macelleria all’ingresso);

– luci e colori accoglienti per rende piacevole l’esperienza di acquisto;

– musica che regola il nostro passo, più tempo passiamo all’interno del supermercato, più acquistiamo;

– sconti e promozioni: 3×2, offerta del giorno, sconto soci, accumula più punti e così via;

– posizionamento nelle corsie e sugli scaffali studiato sulla base del nostro movimento oculare e strategico per vendere maggiormente determinati prodotti.

Ovviamente ci saranno anche altre tecniche di vendita, ma quello che mi preme dirvi è che potete essere  “consumatori” più attenti se ne intuite i meccanismi e vi mettete nella condizione di non cadere nelle “trappole”.  Come diciamo spesso, la dieta inizia dalla spesa, dunque è fondamentale farla nel migliore dei modi. Come fare?

Fare una spesa intelligente è possibile con semplici accorgimenti:
> lista alla mano (e rispettarla);
> andate a pancia piena (altrimenti il radar per il junk food rimane attivo);
> preferite il cestino al carrello (meno spazio ho, meno compro);
> leggete sempre gli ingredienti di ciò che state comprando, forse è la volta buona che lo rimettete sullo scaffale (e qui mi sento in obbligo di prepararvi un articolo di approfondimento, stay tuned!);
> evitate i corridoi “tentazione” (lontano dagli occhi…);
> non raccontatevi la storiella degli ospiti, quando arriveranno ve lo sarete già mangiato (se non c’è cibo tentatore in dispensa, è tutto più facile) e ad eventuali ospiti preparerete un buon caffè.

E così siamo giunti alla fine della spesa.
Ah no, ho dimenticato il sale! Dove sarà?
Percorrete in lungo e in largo il supermercato alla ricerca di quella preziosa polverina, che accuratamente evitano di mettere in un punto facile, cosicché dovrete girare un po’ di corridoi e adocchiare qualche offerta prima di trovarlo e dirigervi verso le casse con il sale…e qualche altro prodotto trovato nel frattempo.

 

Dott.ssa Eva Da Ros Dietista

 

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Facciamo pace con il cibo

MINDFUL EATING, MANGIARE CON CONSAPEVOLEZZA

 

Mangiamo in fretta per uscire presto dal lavoro o tra uno sport e l’altro dei figli o ancora davanti al computer perché non è prevista la pausa. Ma vi siete mai soffermati sul pensare al gusto di ciò che mangiate, a quanto siete veramente concentrati sul corpo e non distratti dai pensieri di ciò che dovete fare dopo o indaffarati a rispondere a messaggi e email?

La capacità di essere presenti nel momento del pasto consente una maggior connessione con le vere esigenze del corpo, che ha una saggezza spesso trascurata. Ogni cosa a cui non prestiamo attenzione è come se non esistesse. Cerchiamo di “esserci” con intenzione nel momento del pasto. Provate a chiedervi la storia di quello che state mangiando, quale strada ha fatto per arrivare da voi.

Mangiare è un piacere naturale, perché privarsene?

Mangiate con gli occhi: rendete bello il tavolo, apparecchiandolo come se ci fosse un ospite, con un fiore o una candela, decorate il vostro piatto.

Nutritevi del profumo dei cibi: l’olfatto è in contatto diretto con l’amigdala, centro delle emozioni.

Prolungate la permanenza del cibo in bocca, masticando a lungo: la soddisfazione del gusto prolungato, per maggior tempo di contatto con i recettori, stimolerà la sazietà specifica per quel cibo e dunque un adeguato consumo.

E poi, sicuri che sia sempre fame?

Tutte le volte che mangiate, ma la pancia non “brontola”.

Tutte le volte che aprite il frigorifero per vedere cosa c’è di buono.

Tutte le volte che, per fare pausa, andate alle macchinette.

La fame emotiva è la ricerca del cibo come gratificazione per una giornata pesante, come premio per aver sopportato situazioni stressanti, come riempimento di momenti di noia. Ogni scusa è buona per mettere qualcosa sotto i denti, salvo poi pentirsene pochi minuti dopo.

Un primo passo è riconoscerla, il successivo imparare a gestirla.  Distinguere i bisogni del corpo dai bisogni del cuore, talvolta con l’affiancamento di un professionista specializzato in obesità e disturbi dell’alimentazione, permette di fare pace con il cibo.

 

Dott.ssa Eva Da Ros Dietista

 

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Semi della salute, integratori naturali

SEMI DELLA SALUTE

INTEGRATORI NATURALI

Sono buoni e fanno bene. Molto consumati nel passato e poi trascurati,oggi sono valorizzati. Sono i semi di alcune piante.
Spesso chiamati genericamente “frutta secca” li troviamo nei cesti natalizi insieme a fichi secchi, datteri e uvetta. Ecco un elenco dei semi più diffusi e disponibili: pinolo, lino, chia, nocciola, noce, pistacchio, canapa, girasole, zucca, mandorla, sesamo, cartamo, cotone, papavero, arachide (tostata ma non salata), psillio, amaranto, quinoa, tamarindo, anguria. Tutti sono semi e non frutta. La frutta secca è ottenuta dai frutti essiccati: fichi secchi, datteri, albicocche, uva, papaya…

Sono inseriti nella voce unica alimentare di “semi oleosi”, cioè semi vegetali in grado di produrre olio. Anzi i semi interi hanno un valore nutrizionale superiore al loro olio.

E’ una scelta sana mangiare ogni giorno una porzione di 30-40 grammi dei semi più graditi, o direttamente, oppure assieme in altri alimenti come verdure, yogurt.

I semi oleosi sono ricchi di:

PROTEINE con alto valore biologico, con un particolare aminoacido, ARGININA, essenziale per assicurare un’ efficiente funzione sull’endotelio vascolare (controllo pressione arteriosa, prevenzione aterosclerosi, microcircolo e nutrizione cellulare), sui neuroni cerebrali, sul sistema genitale.
ACIDI GRASSI ESSENZIALI POLINSATURI omega 3 e omega 6 così importanti per preservare l’integrità delle membrane biologiche e quindi utili nel contrastare i processi infiammatori.
MINERALI (magnesio e zinco in particolare)
-VITAMINE idrosolubili e liposolubili (A, E, K, in piccola parte D)

Per la loro ridotta dose di carboidrati e la buona dose invece di fibra risultano essere buoni regolatori dei picchi glicemici e modulatori dell’insulina. Questo li rende alleati nel dimagrimento e nel controllo del peso.

PERFETTI PER GLI SPUNTINI ANCHE INSIEME ALLA FRUTTA FRESCA O A QUELLA DISIDRATATA

 

 

Dott.ssa  Bruant Biologa e Nutrizionista

 

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Infiammazione e carico glicemico

 Perchè quando c’è un’infiammazione in corso è meglio controllare il carico glicemico, in particolare quello serale, ed è opportuno non eccedere con un’attività fisica troppo intensa e prolungata ?

 

L’infiammazione è una reazione naturale dell’organismo in risposta ad una lesione o ad un’aggressione esterna (una ferita, un trauma, un’ustione, un attacco parassitario) a carico di un tessuto o di un organo. A volte la risposta infiammatoria è di tipo generalizzato nel senso che interessa l’intero organismo. E’ il caso di malattie su base immunitaria come la psoriasi, l’artrite, la sclerosi multipla o il lupus eritematoso. Comunque sia, in caso di infiammazione, il corpo risponde con tutta una serie di accorgimenti atti a circoscrivere il problema. Vengono prodotte delle molecole, le citochine, che agiscono su tutte le cellule e su tutti i tessuti infiammati in diversi modi (produzione di molecole adesive e fattori di crescita per esempio)

Dal punto di vista ormonale si attivano a cascata tutta una serie di ormoni come adrenalina, noradrenalina, cortisolo. Il cortisolo che è un ormone catabolico promuove, in risposta all’aumentato fabbisogno energetico, la mobilizzazione di glicogeno dai muscoli e la sua liberazione come glucosio nel torrente sanguigno.

Questo, insieme a quello introdotto con la dieta, provoca un innalzamento esagerato della glicemia con trasformazione del glucosio in eccesso in grasso in particolare quello viscerale.

L’attività fisica invece provoca un’infiammazione che è necessaria per rigenerare e riparare i tessuti dopo il danno muscolare provocato proprio dall’esercizio fisico. Se l’infiammazione è eccessiva però invece di avere una ricostruzione del tessuto originario si ha la formazione di un tessuto cicatriziale con diminuzione della sua efficienza.

Ecco per quale motivo è buona norma preferire un’alimentazione di tipo antiinfiammatorio durante il giorno e in particolar modo la sera e preferire un’attività fisica giusta per il proprio fisico che tenga conto del proprio stato infiammatorio e delle energie disponibili.

 

Dott.ssa Bruant Biologa e Nutrizionista

 

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I grassi fanno ingrassare?

I GRASSI FANNO INGRASSARE? TESSUTO ADIPOSO BIANCO E TESSUTO ADIPOSO BRUNO.

I lipidi o grassi, sono composti organici largamente diffusi in natura, e rappresentano una delle quattro principali classi di composti organici di interesse biologico, insieme a glucidi, protidi ed acidi nucleici. I lipidi vengono identificati sulla base delle loro proprietà comuni di solubilità: sono insolubili in acqua (definiti per questo idrofobici), mentre sono solubili in solventi organici come etere dietilico o acetone, alcoli e idrocarburi.

Nell’organismo umano assolvono molte ed importanti funzioni:

apporto energetico (1 gr fornisce 9 kcal)

forniscono gli acidi grassi essenziali all’ organismo

favoriscono l’assorbimento intestinale delle vitamine liposolubili

sono componenti fondamentali delle membrane cellulari in tutti i tessuti

gli acidi grassi polinsaturi appartenenti alle famiglie n6 e n3 sono precursori di composti che nell’organismo svolgono importanti funzioni regolatorie.

Si suddividono in TRIGLICERIDI, FOSFOGLICERIDI, COLESTEROLO.

TRIGLICERIDI

Sono esteri del glicerolo con 3 acidi grassi. Gli acidi grassi sono caratterizzati dalla diversità di lunghezza della catena (acidi a corta, media e lunga catene) e dalla presenza, numero e posizione di doppi legami tra gli atomi di carbonio delle catene idrocarburiche. In base a queste caratteristiche chimiche gli acidi grassi si dividono in:

SATURI (privi di doppi legami) per esempio Ac.Palmitico,Butirrico

MONOINSATURI (con un solo doppio legame) per esempio Ac.Oleico

POLINSATURI (con due o più doppi legami) Ac.Omega 3 e Ac.Omega 6

GRASSI TRANS O GRASSI IDROGENATI

Con l’idrogenazione gli acidi grassi insaturi diventano sostanzialmente saturi (o almeno così vengono percepiti dal nostro organismo) e hanno una maggiore consistenza e un maggiore punto di fusione. Questi grassi trovano il loro impiego soprattutto nell’industria alimentare, e li troviamo in moltissimi preparati, come i dolciumi, i gelati e tanto altro ancora.

ACIDI GRASSI POLINSATURI

Gli acidi grassi polinsaturi detti anche PUFA n-3 sono acidi grassi essenziali fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo.

Gli Omega 3 sono importanti per la loro presenza nelle membrane cellulari di cui mantengono l’integrità.

L’acido grasso omega -3 maggiormente rappresentato nel mondo vegetale è l’acido alfa-linolenico (ALA). E’ diffuso in oli vegetali come lino, canapa, ribes nero, colza, frutta a guscio ma anche nel formaggio di alta montagna.  Questo acido grasso deve essere trasformato in EPA (acido eicoisapentaenoico)e DHA(acido docosaesaenoico) per esercitare quegli effetti biologici determinanti per il corretto funzionamento di alcuni organi e apparati quali cervello, retina e gonadi e per la prevenzione di malattie quali aterosclerosi e malattie cardiovascolari. Per questo motivo in certe circostanze è meglio assumere direttamente EPA e DHA  contenuti diffusamente in certi pesci  per esempio pesce azzurro , salmone  e nei crostacei. Gli acidi grassi polinsaturi sono più fluidi di quelli saturi e perciò si distribuiscono meglio nelle membrane biologiche mentre al contrario gli acidi grassi saturi favoriscono la formazione di un reticolo rigido.

 

COLESTEROLO

Ha una struttura molecolare piuttosto diversa da quella della maggior parte dei lipidi ma viene schematizzato in questo gruppo per la sua insolubilità in acqua. Fanno parte della famiglia dei lipidi molte sostanze a base di colesterolo: gli steridi (esteri del colesterolo con un acido grasso) gli acidi biliari, gli ormoni sessuali e altri composti steroidei. Il colesterolo è un componente delle membrane cellulari ma è anche precursore di importanti ormoni, degli acidi biliari e della vitamina D. Il colesterolo può essere di origine esogena se assunto attraverso l’alimentazione (carne e in particolare cervello, latticini, tuorlo d’ uovo) o di origine endogena  se sintetizzato dal fegato a partire dagli acidi grassi insaturi. Nel caso nell’organismo scarseggino gli insaturi, il fegato utilizza per questa sintesi acidi grassi saturi; tuttavia in tal caso si formano composti scarsamente solubili che si depositano nelle arterie, favorendo la formazione di placche. Il colesterolo circola nel sangue legato a proteine.

HDL (lipoproteine ad alta densità). Sono prodotte a livello epatico e del piccolo intestino. Sono denominate colesterolo buono perché rimuovono il colesterolo dalla parete delle arterie e lo riportano, attraverso la circolazione, al fegato dove viene usato per la formazione della bile. Strategie per aumentare il colesterolo buono comprendono la perdita di peso/raggiungimento peso forma, l’attività di tipo aerobica (5 volte a settimana per trenta minuti al giorno) consumo moderato di alcool, acidi grassi moniinsaturi e omega 3, sesso femminile durante l’età fertile ma anche scelte nutrizionali che comprendano frutta secca, cereali integrali, pesce azzurro, verdure a foglia verde, frutta come mele, uva, agrumi.

LDL (lipoproteine a bassa densità) denominate colesterolo cattivo e VLDL (lipoproteine a densità molto bassa) contengono una maggior percentuale di lipidi e di colesterolo e una minor quantità di proteine. Queste lipoproteine manifestano un’affinità per le cellule dell’endotelio delle arterie. Liberano colesterolo in questa sede dove, concentrandosi e aggregandosi provocano la formazione di placche con conseguente alterazione funzionale della parete arteriosa e un restringimento del lume del vaso.
I prodotti finali della digestione lipidica ad opera delle lipasi e dei Sali biliari sono gli acidi grassi liberi che a livello della mucosa intestinale vengono risintetizzati e “impacchettati” in particelle lipoproteiche di trasporto dette chilomicroni che attraverso il circolo ematico e linfatico trasportano i lipidi della dieta a tutti i distretti. In questo modo si forma il tessuto adiposo sottocutaneo costituito da cellule adipose di piccole dimensioni, sensibili all’insulina e con alta capacità antiinfiammatoria. In caso di surplus energetico il tessuto adiposo funge da stoccaggio e aumenta quello sottocutaneo. Se la capacità di stoccaggio è compromessa, stress, processi infiammatori cronici o introito che supera la capacità di stoccaggio aumenta il tessuto adiposo viscerale con depositi di grasso in sedi inconsuete come organi interni e muscoli. Questo grasso è costituito da cellule di grandi dimensioni resistenti all’ insulina e con alta capacità infiammatoria.Il tessuto adiposo è un vero e proprio organo costituito da due tipi di cellule (bianche e brune ),in grado di produrre veri e propri ormoni che influenzano l’ attività dell’ intero organismo.Nei mammiferi esistono due tipi di tessuto adiposo :quello bianco e quello bruno. Quello bianco,giallognolo per l’ alto contenuto di carotenoidi,rappresenta la quasi totalità del grasso di riserva. L’altro tipo di tessuto adiposo,detto bruno,è abbondante nei mammiferi che vanno in letargo (ibernanti) e nei cuccioli.

Nell’ uomo il tessuto adiposo bruno è presente in piccole quantità nel neonato (zona ascellare ed interscapolare ). Con la crescita buona parte di questo tessuto si trasforma in tessuto adiposo bianco . Il ruolo svolto dagli adipociti bruni è diverso da quello ricoperto dagli adipociti bianchi. Le cellule sono più piccole e il colore scuro è dovuto alla presenza di citocromi contenuti nei numerosi mitocondri. A differenza dell’adipocita bianco ,gli adipociti bruni non contengono un’ unica massa grassa localizzata in periferia della cellula ma tante piccole gocce di trigliceridi distinguibili all’ interno della cellula. Esiste però anche una differenza dui funzione.Gli adipoci ti bruni hanno una funzione termogenica. Mentre negli adipociti bianchi l’ idrolisi dei trigliceridi avviene in base alle richieste energetiche dell’ organismo,in quelli bruni la degradazione dei grassi avviene in risposta ad un abbassamento della temperatura corporea. Questo fenomeno è chiamato termogenesi senza brivido ,per distinguerlo dal classico brivido (contrazione muscolare involontaria per produrre calore).

Secondo gli studi più recenti ,il tessuto adiposo dei mammiferi e quindi anche dell’ uomo, è capace di trasformare gli adipociti bianchi in adipoci bruni. Le sue cellule non sono sempre numericamente costanti ma  subiscono una contrazione e il tessuto si restringe al bisogno. Le funzioni dei due diversi tipi di cellule sono antitetiche. Quelle bianche accumulano lipidi mentre quelle brune li bruciano.

La scoperta di questi meccanismi biologici fa intravedere futuri sviluppi terapeutici  nel trattamento dell’ obesità. Sono attualmente in corso diversi  studi che utilizzano il freddo, abbinato all’ attività fisica ,per incrementare la percentuale di grasso bruno .

I grassi quindi non sono  dannosi nella dieta. Anzi sono necessari nella misura del 20-30% secondo la Dieta Mediterranea che risulta essere oggi una delle diete più accreditate. Occore scegliere i grassi giusti cioè i grassi polinsaturi e non bisogna tuttavia demonizzare i grassi saturi che se sono consumati con moderazione non sono nocivi.

Come sempre il problema sta nelle quantità consumate e nello stile di vita. In certe condizioni anzi aumentare la quota di grassi nella dieta può essere vantaggioso anche se i grassi saturi vanno comunque sempre molto razionati.

Dott.ssa Bruant Biologa e Nutrizionista

 

 

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Infiammazione, sport e performance

SPORT E PERFORMANCE

Per capire meglio le basi della prestazione sportiva.

Performance sportiva, MUS, Stress e Infiammazione Cronica di basso grado.

La performance sportiva dell’atleta è chiaramente influenzata dal suo stato di benessere, ma nonostante questo sia un principio di facile condivisione, non è altrettanto facile ottenere un quadro atto a valutare nel complesso lo stato di benessere e performance psicofisica. La necessaria richiesta di aumento o mantenimento della performance nella società moderna è un passaggio obbligato non solo nell’ambito sportivo, ma in tutti gli ambiti della nostra vita, più o meno complessa, con sempre più richiesta di adattabilità in condizione di STRESSOR o stimoli persistenti.

PERFORMANCE PSICOFISICA è un concetto che comprende variabili fisiologiche, psicologiche, fisiche, cognitive, propriocettive ed autonomiche. Il fenomeno è molto complesso, regolato dallo stress system, dai processi infiammatori di basso grado, dai ritmi circadiani e da importanti componenti della composizione corporea come il muscolo, IMAT, grasso e osso. Il soggetto sportivo pur godendo di uno stato di salute generalmente superiore alla media spesso presenta dei sintomi vaghi e aspecifici (Medically Unexplined Symptoms) cioè una serie di disturbi subclinici di natura funzionale ampiamente analizzati dalla letteratura internazionale:

stanchezza o affaticamento persistente

insonnia o sonnolenza persistente

mani e piedi sempre freddi

acidità e dolori di stomaco, senso di pienezza, gonfiore dopo ogni pasto, nausea, colon irritabile

difficoltà nella sudorazione

 

(sono alcuni esempi di MUS- sintomi vaghi e aspecifici)

Questi disturbi di varia natura raramente sfociano in una diagnosi precisa, mantenendosi piuttosto di frequente entro i limiti di quadri clinici alterati, ma non al punto di apparire patologici. Spesso venivano liquidati come disturbi psicosomatici. I passi in avanti compiuti nelle analisi della interazioni fra il sistema nervoso, endocrino ed immunitario hanno dato vita a nuovi orizzonti sia in ambito medico che sportivo; in particolare grazie all’ integrazione della copiosa letteratura in materia di stress.

STRESS

La letteratura descrive lo stress come una forma di adattamento dell’organismo a stimoli chiamati “stressor”. Lo stressor può essere definito genericamente come un elemento in grado di alterare lo stato omeostatico dell’organismo; detto elemento può assumere forme diverse e pertanto può essere di natura psicosociale o strettamente fisica, ma la distinzione non comporta sostanziali differenze nei meccanismi di reazione dell’organismo. E’ ormai considerato un dato di fatto che indipendentemente dalla tipologia dello stimolo, sia esso un grave sforzo fisico o la preoccupazione per un esame, i meccanismi di attivazione risultano straordinariamente simili.

Le reazioni agli stressor sono determinate dall’ attivazione del sistema nervoso e di quello endocrino; in entrambi i casi la percezione degli stressor ha sede nel cervello, da cui si dipartono i segnali mediatori dello stress.

A livello endocrino, la reazione allo stress si estrinseca attraverso l’attivazione dell’ asse HPA (Hypotalamic-pituitary-Adrenal ,ipotalamo-ipofisi-surreni), che ha come ultima conseguenza la secrezione di glucocorticoidi ad opera della corteccia surrenale ,mentre a livello nervoso, gli stressor comportano l’attivazione del Sistema Nervoso Simpatico. L’aumento dei glucocorticoidi circolanti, la perdita della loro ritmicità circadiana e l’eccessiva attivazione del sistema nervoso simpatico costituiscono già di per se fattori di rischio diretti o indiretti per disturbi ad altissima incidenza quali obesità, ipertensione e disturbi umorali (ansia, depressione).

Prima di arrivare a manifestazioni evidenti, l’attivazione persistente della risposta agli stressor si associa all’ insorgere di MUS e perdita di performance psicofisiche, e quando questi fenomeni non sono controllati e curati il rischio di incorrere in patologie conclamate (solitamente ai danni del sistema più a rischio per lo specifico soggetto) aumenterà conseguentemente.

La letteratura ha classificato le fasi di reazione allo stress.

. la fase di allarme: è la fase in cui lo stress viene recepito.

.la fase di adattamento e resistenza :costituisce la fase di reazione vera e propria allo stress volta al recupero dell’omeostasi. Questa fase potrebbe avere una fase temporale breve oppure perdurare nel tempo, senza arrivare al recupero dell’omeostasi, sconfinando nella fase successiva, detta di esaurimento.

.fase di esaurimento: si giunge a questa fase in caso di attivazione cronica e persistente della reazione allo stress. Questa è la fase più dannosa in quanto l’esposizione prolungata può aumentare il rischio di insorgenza di patologie fisiche e psichiche.

Lo stressor viene inoltre generalmente differenziato in base alle sue ultime conseguenze, secondo il principio che uno stressor può ritenersi “positivo o “negativo “, in base al fatto che l’organismo sia o meno in grado di reagire ad esso e ristabilire l’omeostasi fisiologica; si parla in questo caso di:

Eustress: indica lo stress che porta ad una reazione di adattamento da parte dell’organismo, che riesce quindi a ricondursi in una situazione di omeostasi fisiologica.

Distress: è lo stress che comporta la perdita dell’omeostasi dell’organismo, solitamente associata ad         un’attivazione eccessiva o persistente della reazione agli stressor, associabile a scompensi emotivi o fisici.

Migliorare la performance sportiva rende necessario colmare lo spazio, spesso trascurato, tra lo stato di benessere e stato patologico, senza dare per scontato il fatto che l’assenza di patologie specifiche comporti una perfetta salute. L’indagine sulle cause dei MUS e l’adozione di specifiche strategie di recuper, oltre a permettere il contenimento e la regressione dei sintomi, impedisce che i fattori coinvolti nella loro genesi si aggravino, andando a coinvolgere nuove e più gravi interazioni sistemiche che potrebbero sfociare in patologie specifiche. La stessa aspecificità dei MUS, tuttavia, impedisce un loro inquadramento o un loro trattamento univoco, in quanto lo stesso sintomo può derivare da più problematiche. La focalizzazione sul caso concreto necessita perciò del confronto e della correlazione di più dati, oltre a quelli sulla sintomatologia vaga e aspecifica.

Mediante il TEST DI ANALISI DIFFERENZIALE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA sono ottenibili indici di primaria importanza come il MUSCOLO, OSSO, GRASSO TOTALE, GRASSO VISCERALE, IMAT, ASSE HPA ecc  e mediante il TEST DELLA VARIABILITA’DELLA FREQUENZA CARDIACA HRV informazioni  sull’attività del SISTEMA NERVOSO AUTONOMO.

Non sussistono dubbi sul fatto che, per l’atleta, il monitoraggio del livello di idratazione, distribuzione dei fluidi intra ed extracellulari, tenore di massa muscolare, tipologie di grasso, quantità e qualità dei minerali e capacità di regolazione del Sistema Nervoso Autonomo rivestano un ruolo cruciale.

Una delle principali problematiche legate ad uno scarso livello di idratazione è la difficoltà di trasporto ed assorbimento dei nutrienti (minerali per esempio) aspetto che riveste un ruolo fondamentale per l’atleta.

-Il tenore della massa muscolare è un fattore primario per il mantenimento della tonicità e delle prestazioni sportive. La tendenza alla perdita di massa muscolare non è un fenomeno raro, sia esso legato a problematiche di carattere endocrino, metabolico o infiammatorio cronico.

La rilevazione strumentale periodica del rapporto tra massa muscolare, massa grassa, e tipologie di grasso non può pertanto essere trascurata, prima di operazioni eventuali di correzione nutrizionali o  di predisporre strategie di allenamento. Nell’ottica di migliorare le abitudini nutrizionali dell’atleta, non potrà essere tralasciato il valore del metabolismo basale e di quello quotidiano (BMR,24EE) parametri immediatamente correlati all’assetto metabolico del soggetto e al rapporto fra massa muscolare e adiposa. A integrazione dei parametri sistemici il quadro di salute generale dell’atleta può essere chiarito dall’ indagine basata sull’analisi del sistema nervoso autonomo (es PPG) e dalla variabilità della frequenza cardiaca (HRV). Parametri come SDNN (indice di salute generale e di capacità adattativa) e RMSSD (rapporto di attivazione vagale /parasimpatica e capacità antiinfiammatoria permettono di evidenziare i fattori di genesi sintomatologica e di perdita di performance psicofisica.

Bruant Laurence      Estratto da STRENGTH&CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo  Anno VI-numero19/Gennaio/Marzo 2017

Lavoro originale  DARIO BOSCHIERO Presidente e Fondatore dell’Open Academy of medicine, LondraUK,Venezia ITA Fondatore e Coordinatore del Progetto”MUS-Sintomi vaghi e Aspecifici. Infiammazione Cronica e Nutrizione Clinica “ Direttore Ricerca e Sviluppo di Biotekna Biomedical Technologies

Dott.ssa Bruant Biologa e Nutrizionista

 

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I carboidrati fanno ingrassare?

I CARBOIDRATI FANNO DAVVERO INGRASSARE?

Parliamo di carboidrati in riferimento ai cereali come frumento, grano, orzo, riso, farro, miglio ma  anche pseudocereali come grano saraceno, quinoa, amaranto che ne contengono in grande quantità.

I cereali apportano una dose di carboidrati complessi,  vitamine e fibra alimentare utile al controllo della flora intestinale cioè del nostro microbiota.

I carboidrati rappresentati dai CEREALI INTEGRALI contengono inoltre delle molecole con azione positiva sul sistema linfatico corporeo necessario per favorire il drenaggio metabolico dai tessuti e dagli organi.

Con questi presupposti i carboidrati non sono da demonizzare quando si intraprende un percorso che prevede una perdita di peso ma tuttavia alcune considerazioni vanno fatte.

Se per qualche giorno si eliminano i carboidrati dalla dieta, per far fronte al fabbisogno energetico  essi vengono attinti dalle riserve ovvero dal glicogeno muscolare ed epatico e si perde peso. Al glicogeno si lega parecchia acqua e quindi si perde anche quella. Quando si reintroducono i carboidrati, avviene un ripristino immediato delle scorte di glicogeno e dell’acqua ad esso legata ed, essendo il fegato e il muscolo più ricettivi dopo la privazione si recuperano zuccheri e acqua con gli interessi e l’eccesso viene trasformato in grassi attraverso il processo della lipogenesi.
Spesso, soprattutto se vengono tolti per un periodo oppure se si è reduci da uno in cui se ne sono mangiati troppi si ha l’impressione che si gonfi la pancia. In realtà in quei giorni è avvenuta una modificazione del ambiente intestinale ed è sufficiente aspettare un paio di settimane per ripristinare microbiota ed enzimi.

IN CHE MODO FANNO INGRASSARE

Innalzando troppo la glicemia richiamano troppa insulina, l’ormone secreto dal pancreas che favorisce l’aumento di peso quando la sua quantità nel sangue è elevata.

Apportano tanta energia rispetto a quella necessaria per le abitudini troppe sedentarie dell’uomo moderno. Se tuttavia si gestiscono bene sono un’ottima fonte di energia pulita ed istantanea senza le scorie azotate che producono invece le proteine.

PER SCONGIURARE IL RISCHIO DI AUMENTO DI PESO:

Fare attenzione alle quantità e non superare i 50 grammi di peso a crudo corrispondenti a circa 150 grammi di peso cotto.

Scegliere cereali integrali. I prodotti integrali hanno più nutrienti rispetto a quelli raffinati. Contengono più minerali, vitamine, antiossidanti, fibre ed hanno un indice glicemico più contenuto cioè innalzano in modo moderato la glicemia. Quando però si parla di cereali integrali bisogna fare attenzione all’etichetta, perché un prodotto è integrale solo se deriva dalla macinazione del prodotto intero e al fatto che sia biologico perché si riduce il rischio che il tegumento esterno, macinato anch’esso sia contaminato da sostanze chimiche.

Occorre cuocerli il meno possibile. In questo caso l’indice glicemico sarà più basso.

Occorre consumarli insieme alle fibre solubili e insolubili di verdura, legumi e frutta. Un cereale integrale con le verdure o con i legumi come un risotto col radicchio o una pasta e fagioli è più adatta ad un regime dimagrante di una pasta anche integrale ma in bianco. La presenza di fibre rallenta l’assorbimento dei carboidrati evitando di richiamare eccessiva insulina durante la digestione.

Occorre consumarli in un pasto in cui siano presenti anche proteine e grassi. La scelta del piatto unico può essere un valido aiuto a contenere l’innalzamento della glicemia. Il piatto unico poi è molto utile in caso di pasto consumato in una breve pausa pranzo al lavoro o a scuola.

Anche mangiare la frutta con la buccia magari affiancandola a un po’ di frutta secca risulta più saziante come spuntino e i suoi zuccheri verranno assorbiti più lentamente.

Preferire i cereali naturalmente privi di glutine (riso,mais,grano saraceno,amaranto,miglio, quinoa) in caso di disturbi intestinali e per risolvere eventuali intolleranze.

Dott.ssa Bruant Biologa e nutrizionista

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Prebiotici e probiotici

PROBIOTICI E PREBIOTICI

Batteri per la salute intestinale dell’atleta e non solo.

Avere un intestino in forma è una prerogativa fondamentale per avere l’energia ottimale durante tutta la giornata lavorativa o di scuola ma anche per gli allenamenti e le gare. Alcuni disturbi più comuni vengono identificati nell’infiammazione intestinale e nella presenza di aria, solitamente causati da una cattiva alimentazione. Essi possono rendere meno efficiente l’assimilazione non solo dei nutrienti ma anche degli integratori. Questa disbiosi si ripercuote sulla carica energetica che diminuendo compromette le prestazioni sia fisiche che intellettuali. Per questo è necessario, e a maggior ragione quando si pratica sport, mantenere un corretto stile di vita e abitudini alimentari che includano un giusto consumo, proporzionale alla propria massa magra, di acqua, frutta e verdura in modo da mantenere in equilibrio la flora batterica intestinale costituita da 1,5 kg di microrganismi. Nel tratto digerente ci sono più di 700 specie batteriche aventi ciascuna una sua funzione riguardanti l’assimilazione di nutrienti, produzione di vitamine e di ormoni, modulazione del sistema immunitario tanto per elencarne qualcuna.

Volendo semplificare i batteri intestinali si suddividono in 2 grandi famiglie.

Bifidobatteri

Lattobacilli

I bifidobatteri hanno una funzione antitossica inibendo i batteri che possono ridurre i nitrati, provenienti dall’alimentazione, a nitriti potenzialmente pericolosi. Producono acido acetico e acido lattico che abbassano il ph rendendo così l’intestino inabitabile ai germi patogeni e ai lieviti. Hanno anche una funzione metabolica e di ricolonizzazione.  Sono intermedi del cicli di krebs e per questo hanno un ruolo importante in ambito energetico e nelle patologie riguardanti l’obesità e il diabete agendo sulla produzione di emoglobina glicata e insulina. Migliorano la funzionalità intestinale e contrastano la costipazione. Hanno altresì un ruolo importante in ambito ginecologico per patologie come le cisti ovariche e l’endometriosi. Nell’adulto diminuiscono di numero perché con l’età diminuisce la peristalsi intestinale e con essa la mobilità dei batteri che fanno fatica a risalire il colon.

I bifidi colonizzano la parte finale dell’intestino cioè il colon.

I lattobacilli “parlano” con il sistema immunitario ed hanno un’azione di protezione nei confronti dei tumori. Appartenenti alla famiglia dei lattobacilli sono il:

Lactobacillus rhamnosus che riduce l’infiammazione intestinale ed ha forte azione antiossidante.

Lactobacillus acidophilus che produce enzimi come le proteasi e le lipasi, produce vitamine del gruppo

B, diminuisce l’intolleranza al lattosio.

Lactobacillus fermentum che riduce la permeabilità intestinale e libera monosaccaridi di ramnosio, sorbitolo, inositolo dalle qualità prebiotiche.

Lactobacillus plantarum che avendo grandi proprietà adesive lo rendono efficace per combattere l’escherichia coli patogena.

Lacobacillus salivarum che recenti studi clinici rendono altamente efficace in caso di morbo di Crohn.

Essi agiscono da soli ma anche in sinergia. Tuttavia per ottenere risultati da questa sinergia e produrre un efficiente biofilm occorre che siano ad alto dosaggio. Nelle formulazioni farmaceutiche è importante che siano almeno 2 miliardi per tipo e devono essere certificati.

Colonizzano la prima parte dell’intestino cioè l’intestino tenue.

 

FLORA BATTERICA E CIBI.

Importante per mantenere una flora batterica efficiente è consumare cibi che contengano prebiotici, sostanze cioè in grado di nutrire i probiotici cioè i batteri buoni e favorirne la sopravvivenza e la proliferazione nell’ intestino. I lattobacilli si sostengono con cibi fermentati quali

Yogurt

Crauti

Miso

Tempeh

Kefir

Kombucha

La fermentazione è un processo chimico che consente di liberare energia contenuta nel glucosio per renderla utilizzabile, oltre a conservare i cibi. Essa aumenta il valore nutritivo degli alimenti rendendoli più digeribili, li arricchisce di antiossidanti, enzimi e vitamine, in particolare Be C e ne distrugge i batteri nocivi.

 

VERDURE FERMENTATE.

Verdure come cavoli, zucchine, cipolle e altri ortaggi se sottoposte al processo di fermentazione si arricchiscono di batteri probiotici, microrganismi simili a quelli dello yogurt. In generale tutti gli alimenti fermentati rafforzano il sistema immunitario. E’ dunque buona pratica introdurli nel proprio piano di alimentazione quotidiana a maggior ragione quando si pratica sport ad alta intensità. Gli alimenti fermentati che seppur molto lontani dalle nostre tradizioni culinarie risultano ricchi di microrganismi benefici sono rappresentati da Miso, Tempeh, Kefir, Kombucha.

Il MISO è un prodotto di fermentazione di leguminose (soia spesso) e cereali (orzo e riso) ad opera di Aspergillus oryzae.

Il TEMPEH è il prodotto di fermentazione di semi di soia ad opera di Rhizopus Oligosporus.

Il KEFIR è un prodotto di fermentazione del latte ad opera di batteri Acetobacter e Lactobacillus e di lieviti del genere Candida, Saccharomyces, Kluyveromyces.

KOMBUCHA è una bevanda fermentata a base di tè (tè verde o tè nero) e di una coltura di batteri e lieviti.

Dott.ssa Bruant Biologa e Nutrizionista

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